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L'impostazione qualitativa

Anche lo studio su Giovani e droga cui già si è accennato era uscito arricchito da storie di vita. Ma è nel 1981, con Storia e storie di vita (Laterza, Bari) che Ferrarotti affronta alcuni nodi teorici ed epistemologici riguardanti questa impostazione. Si tratta infatti di un testo che affronta il discorso dei presupposti teorici della impostazione qualitativa, che apre un confronto con un certo tipo di storia (si pensi alla "Oral History" e allo spazio che in essa hanno le memorie, i ricordi autobiografici); di un testo che verrà tradotto anch’esso in più lingue, tra cui una francese (Histoire et Histoires de vie, Librairie des Meridiens, Paris 1983), con prefazione di Balandier. Una sua sintesi verrà pubblicata in «Social Research», rivista della New School.
Sullo stesso tema tornerà, da un’altra prospettiva, nel 1990, con Il ricordo e la temporalità (Laterza, Roma-Bari), che uscirà negli Stati Uniti nello stesso anno con il titolo Time, Memory and Society (Greenwood Press, New York, Westport, Connecticut, London). Completerà la trilogia dedicata a una riflessione sui presupposti teorici dell’impostazione qualitativa una terza opera, La storia e il quotidiano (Laterza, Roma-Bari, 1986), che avrà anch’essa varie traduzioni tra cui quella spagnola, con il titolo La istoria y lo cotidiano(Ediciones Península, Barcelona 1991).
Si tratta, cosa di cui Ferrarotti è pienamente consapevole, di un modo di far ricerca complesso, che rischia di indurre in errore il ricercatore troppo frettoloso o non abbastanza attento al momento interattivo, alla preliminare sospensione del giudizio circa il racconto, la narrazione proposta, da vedersi come un vero e proprio contributo alla conoscenza. Una conoscenza che diviene partecipata, che diviene, appunto, con-ricerca. In questo senso, Ferrarotti si è in più sedi richiamato al concetto di surrender and catch di Kurt H. Wolff.
L’approccio qualitativo richiede infatti la piena attenzione del ricercatore, il suo coinvolgimento totale; implica, nel momento della narrazione, la sospensione da parte del ricercatore delle proprie conoscenze teoriche. Tutto può essere rilevante, pertinente: anche il silenzio. La ritrosia ad affrontare un tema culturale. L’errore nella ricostruzione storico-termporale, che in genere può aprire la porta su scelte interpretative, significati sottesi, non necessariamente chiari, nell’immediato, allo stesso Io narrante. Più che una ricerca, dice Ferrarotti, una con-ricerca.
Cosa si intende per con-ricerca? L’espressione rinvia al fatto che sta prendendo corpo, già a partire dalla fase della conoscenza iniziale, preliminare, quando si spiegano le motivazioni della ricerca, le modalità con cui si intende condurla, le finalità previste, e poi dopo, nelle varie ore che la narrazione autobiografica richiede, un particolare tipo di dialogo tra ricercatore e Io narrante: si tratta di un processo che coinvolge entrambi i soggetti, irripetibile, ché il parlato non sarebbe lo stesso con un diverso interlocutore. Non solo: il ricercatore è chiamato in causa dalla narrazione, il suo interlocutore lo può interrogare, può richiederne il parere. Può valutarne il grado di attenzione, di coinvolgimento. E poi, in un momento successivo, il ricercatore dovrà cercare invece di superare questi stati d’animo, la sensazione della «cattura». Dovrà fare ricorso a sensibilità e cultura, utilizzare le categorie scientifiche cui è aduso: e non sempre l’intervistato si riconoscerà nel tipo di interpretazione. Potranno sorgere fraintendimenti, anche a partire da esigenze e maturazioni diverse. Ciò che oggi, infatti, vedo in un determinato modo può non essere uguale a ciò che vivrò, che sentirò, domani: si possono avere reazioni di incredulità, di fronte a un parlato pure fedelissimo al discorso orale, da parte dell’Io narrante che ha cancellato il ricordo di quanto ha detto, o che non ha misurato fino in fondo l’abbandono narrativo durante la registrazione.
Ferrarotti insiste sull’importanza della contestualizzazione del parlato, che non avviene nel vuoto. Sui legami tra testo e contesto, che scindiamo a scopo euristico, ma che sono strettamente interconnessi. Sulle radici filosofiche dell’analisi qualitativa, che chiama in causa temi come la memoria, i rapporti tra memoria singola e di gruppo, la forzatura che si può essere tentati di fare pur di far confluire le memorie di gruppo nella memoria sociale. Si tratta di un’analisi che richiederebbe il concorso di più competenze, di più ottiche. Che rischia di essere impoverita, se non si hanno presenti le riflessioni della psicologia sociale, della storia orale, della filosofia…
Ferrarotti si sofferma sull’esistenza di comportamenti anche irrazionali, sullo spazio dell’a-razionalità, poiché si tratta di concreti comportamenti di uomini e donne: difficilmente comprensibili nella loro problematicità attraverso misurazioni e quantificazioni asettiche.
Alcuni suoi scritti degli anni ’80 in merito usciranno negli USA con il titolo On The Science of Uncertainty. The Biographical Method in Social Research (Lexington Books, Lanham, Boulder, New York, Oxford ). In esso insiste sulla importanza di concepire «a sociological methodoly as the technique of listening, sulla unpredictability of human behavior», cui il questionario non fa fronte in modo adeguato. E lega strettamente «the qualità of the everyday and the practice of life». E insiste sulla «biography as interaction, as relational dialectic, on the autonomy of the biographical method». Sulla possibilità di raccogliere biografie di singoli, ma anche di gruppo (un esempio può essere il mio La disgregazione di una comunità urbana, Siares, Roma, riguardante ricerche condotte insieme a Valle dell’Inferno). Ferrarotti lega questo discorso ai «limits of naturalistic objectivism and psychologism». E si sofferma su alcuni rischi connessi con questo approccio: psicologismo e di un «epistemological impoverishment».

Rischi di psicologismo:

Biographical method from the beginning has been presented as a scientifica challenge. This challenge has two shocking aspects: biographical method claims to attribute a knowledge value to subjectivity. A biography is subjecrive at various levels. It reads social reality from the viewpoint of a historically specified individuale. It rest on elements and materials for the most part autobiographical, and thus exposed to the innumerable deformations of a subject-object which observes and reecounters himself... (p. 56)

Rischi di epistemological impoverishment:

The epistemological impoverishment of the biographical method ha salso taken on a second, much more sophisticated, form. This is the reduction of biography to a simple social “file hastory” usable as an example, a case, or an illustration within an interpretation situated on a higher level of abstraction.

Eppure, nonostante la possibilità di incorrere in rischi di questo genere, Ferrarotti ritiene di trovarsi di fronte a una sfida epistemologica di grande interesse:

…The two elements witch make up the specificità of biography are barriers which are to be surrounded or uprooted. Subjectivity and the antinomothetic requiremen of biography define the limits of its scientificity. They are the immanent characteristics despite which biographical method, notwithstanding everything, preserves a certain heuristic value (p. 58).

 

 

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